venerdì 23 marzo 2012

LA BUFALA DEL 8 MARZO

Le donne italiane hanno da poco celebrato l’8 marzo. Una festa, praticamente inesistente. La mitologia femminista ha tramandato per decenni il racconto che la data dell’8 marzo fu scelta alla seconda Conferenza internazionale di donne socialiste a Copenhagen, nel 1910, per commemorare la carneficina di oltre cento operaie di una camiceria di New York, intrappolate in un incendio appiccato dal padrone della fabbrica per vendicarsi di uno sciopero. Qualche anno fa si scoprì che, l’incendio non era riconducibile né a scioperi, né a serrate, che fece vittime anche fra gli uomini, e che soprattutto avvenne nel 1911, cioè un anno dopo Copenhagen. In realtà, l’istituzione dell’8 marzo come Festa della donna risale alla III Internazionale comunista, svoltasi a Mosca nel 1921, dove fu lanciata da Lenin come “Festa internazionale delle operaie”, in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo. Una festa comunista dunque, che di femminile ha solo l’uscita serale tra amiche in localini chic e night club. Al contrario delle donne che hanno festeggiato senza cognizione di causa (leggasi anche senza sapere quel che fanno), l’unico ad avere colto la valenza ideologica della festa della donna, è stato il presidente Napolitano. Da vero comunista con la fissa del lavoro, ha auspicato che il sistema Italia ampli l’estensione degli asili nidi e dei servizi all’infanzia affinché le donne siano più libere di lavorare. Invece di prendere atto che l’entrata della donna nel mondo del lavoro ha snaturato e destrutturato la famiglia italiana, Napolitano ha gettato le basi per un’ulteriore escalation di crisi famigliari. L’adoratore del Totem lavoro dovrebbe ricordarsi che sin dagli albori dell'umanità le donne hanno da sempre svolto ruoli che ruotavano prevalentemente all'interno delle mura domestiche. I risultati erano entusiasti: stabilità famigliare, figli rettamente allevati ed educati, aborti e divorzi zero. Poi arrivò il sessantotto e la festa della donna. Anarchici, rivoluzionari, figli dei fiori, libertini, comunisti, pagani, abortisti, divorzisti e femministe, insinuarono che la donna poteva realizzarsi maggiormente uscendo di casa. Gli effetti furono catastrofici: instabilità famigliare, figli allo sbando, aborti, divorzi e corna decuplicati. Fatti che nessuno può negare! Il governo Monti invece di perdere tempo a parlare di pari opportunità, di diritti delle donne, di quote rosa e baggianate analoghe, dovrebbe piuttosto impegnarsi a varare politiche famigliari che permettano alla donna di fare la madre e la moglie (una femmina stanca e stressata non è in grado di fare le fusa al marito) a tempo pieno senza costringerla ad uscire di casa. Le donne che scimmiottano i maschi nella carriera professionale o politica, non solo tradiscono il dono della femminilità, ma contribuiscono in maniera determinante all’impoverimento e alla denatalità del paese Italia. Meno festeggiamenti e mimose, e più figli! Le vere donne, mogli e madri, sono questo

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