lunedì 26 luglio 2010

IL DEFICIT CULTURALE CIRCA LA CONOSCENZA DEI PRONUNCIAMENTI DELLA CHIESA

Al Family Day, Berlusconi ha asserito che «I cattolici veri non possono stare a sinistra». Prodi ha immediatamente replicato che «Discorsi di questo tipo significano essere totalmente estranei allo spirito cattolico. Essere cattolico o meno è una cosa seria che implica una decisione personale e un’interpretazione della società». Che significa tale asserzione? Forse che la fede individuale può prescindere dalle “decisioni personali pubbliche” anche quando quest’ultime cozzano palesemente contro la dottrina sociale della Chiesa? Come appunto la proposta di legge sui Dico fortemente voluta dal governo in carica. La sensazione è che cattolici che non hanno aderito al Family Day (basti solo ricordare che solo due ministri di questo governo vi hanno partecipato… a proposito, più che manifestare contro se stessi, non sarebbe stato più logico e coerente rassegnare le dimissioni?) si siano lasciati abbindolare dal pensiero moderno, o con le parole del Pontefice “da ogni vento di dottrina”, per cui un’opinione o un’opzione politica, etica o religiosa, vale l’altra. In altre parole: relativismo morale. In larga parte del mondo cattolico si è fatta strada la convinzione che la realtà sia interpretabile e "gestibile" secondo il metro della coscienza individuale. E come la mettiamo se la coscienza è autarchica e autoreferenziale, in pratica, non retta? Vi è inoltre un deficit culturale circa la conoscenza dei pronunciamenti della Chiesa da far rabbrividire. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Gli stessi cattolici che a parole dicono di credere nella comunione sacramentale ed eucaristica della Chiesa, un attimo dopo fuori dalle mura di Dio si schierano a fianco di chi è a favore dell’aborto, del divorzio, dell’eutanasia, della droga libera, del testamento biologico e dei Dico. E non si venga a rispolverare la "favola" del lievito cattolico che avrebbe dovuto (e dovrebbe) fermentare nella compagine laica, perché è accaduto esattamente il contrario, ossia i germi laicisti hanno innegabilmente attecchito e “contagiato” gli stessi fautori che credevano in tale ingenua ed illusoria utopia. Per non rischiare di svendere la Barca di Pietro in nome di un malinteso senso di laicità, i laici devono rimboccarsi le maniche e "lottare" senza complessi di inferiorità. Non si tratta di tornare alle crociate, ma di affermare l'orgoglio di dirsi cattolici.
Gianni Toffali

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